LA SCUOLA ROMANTICA..

Paolo Boi (il Siracusano ) fu l'inventore e il primo teorico della "Difesa-Siciliana" che consiste, contro l'apertura del Bianco col pedone di Re (1.e4), nell'avanzare di due case il pedone di alfiere di Donna del Nero (1...c5). Una difesa oggi più che mai in voga e adottata ai massimi livelli internezionali, che prende il nome di "siciliana", come si può facilmente capire, proprio dalla regione di provenienza di Paolo Boi. Dopo la scomparsa dei due grandissimi giocatori italiani altri connazionali continuarono, per più di mezzo secolo, la tradizione degli illustri predecessori: abbiamo già citato i nomi di Carrera, Salvio e Polerio. Tutti e tre ottimi giocatori, ma più che altro notevoli studiosi e teorici, furono tra i primi a dare alle stampe (si fa per dire) trattati e manuali, molto ponderosi e in più volumi, che cercavano di razionalizzare, anche se in maniera comprensibilmente rudimentale, la teoria delle aperture e le nozioni fondamentali del gioco. Da ricordare, per ciò che riguarda Polerio," monografie ed analisi su varianti di apertura" che si sarebbero poi rivelate inossidabili e sempre vive, come la Due Cavalli, il Gambetto Muzio, e tanti altri schemi del "Giuoco Piano" . L'ultimo dei grandi giocatori italiani del tempo fu Gioacchino Greco, detto "il Calabrese", che venne, cronologicamente parlando, dopo Salvio e Carrera. Anch'egli pubblicò, verso il 1620 un Trattato sul nobilissimo gioco degli scacchi, ma oltre a ciò rinverdí i trascorsi "professionistici" dei vari Boi e Leonardo da Cutro, percorrendo l'Europa (Spagna, Francia, Inghilterra) in una serie impressionante di matches e di sfide, a suon di migliaia di scudi. Intorno al 1700, però, nonostante l'avvento di altri forti giocatori di casa nostra Giovan Battista Lolli, Ercole del Rio) la "leadership" scacchistica prese, sempre più nettamente, a sfuggire all'ltalia. In Francia e in Inghilterra (ma soprattutto in Francia) stavano comparendo all'orizzonte nuove figure, che sarebbero divenute, incontestabilmente, le anticipatrici illuminanti del giocò moderno: Philip Stamma, siriano residente da anni in Inghilterra, ideatore del primo sistema di annotazione algebrica delle mosse per la trascrizione delle partite, oltre che valente giocatore e teorico, e soprattutto il musicista francese Francois Andre Philidor, forse il primo nome veramente immortale della storia degli Scacchi. Prima di lui si può affermare che fossero esistiti personaggi, come quelli citati sinora, per certi versi altrettanto importanti e creativi, ma non completamente "universali" e rivoluzionari nelle concezioni come fu appunto il grande francese. Per citare un esempio, prima di allora Paolo Boi aveva si teorizzato l'importantissima "Difesa Siciliana", cosí come il vescovo Ruy Lopez era stato il geniale ideatore della "Partita Spagnola", ma al di la delle loro pur fondamentali escursioni teoriche, e della loro innegabile forza di giocatori, non si può dire che i precursori di Philidor avessero completamente sondato le possibilità future di sviluppo e miglioramento qualitativo del gioco. Al contrario, Philidor fu decisamente uno straordinario innovatore: per merito suo, ancora prima che il XVIII secolo venisse alla luce, gli scacchi raggiunsero dimensioni e orizzonti mai precedentemente esplorati. Per prima cosa, Philidor fu un divulgatore instancabile del gioco in tutta l'Europa, e riuscí, primo nella storia, a unificare le regole del gioco, contribuendo a farle adottare pressochè generalmente da tutti gli. scacchisti del Vecchio Continente. Fu questo il primo passo verso la "codificazione" dei regolamenti internazionali. Per ciò che riguarda la sua statura di giocatore, si può notare come, all'epoca, egli fosse praticamente imbattibile: trasferitosi a Londra qualche anno prima della Rivoluzione Francese (circa nel 1783), Philidor sostenne nella capitale britannica diverse sfide con i migliori giocatori inglesi, olandesi e polacchi, vincendole tutte con estrema facilità. già in quegli anni, però, la sua fama era consolidata, perchè sin dai suoi precedenti parigini al famoso Cafe de la Regence, centro di ritrovo dell'elite scacchistica del tempo, si era sparsa la voce delle sue mirabolanti esibizioni. Dal 1740 al 1795 (anno della sua morte) Philidor fu sicuramente il più forte giocatore del mondo. Nel 1749, tra l'altro, publicò un trattato che poteva considerarsi, anche alla luce dei successivi sviluppi, una pietra miliare della letteratura scacchistica di sempre: L'Analisi del gioco degli Scacchi. Comparivano, in quest'opera, elementi e concetti allora sconosciuti, e che avrebbero ampliato e sconvolto i dettami piuttosto rigidi che caratterizzavano le conoscenze tecniche di allora, fissando una serie di enunciati e principi basilari, quali la strategia, il concetto di "attivita dei pezzi", la valorizzazione del "pedone". Dal 1800 in poi, dopo che i vari Allgaier, Deshapelles, Falkbeer avevano dimostrato di seguire coerentemente gli insegnamenti "scientifici" di Philidor, esplose improvvisamente la scuola "romantica", che consisteva, bene o male, in un ritorno all'antico: la partita a scacchi tornava ad essere interpretata come violentissima lotta antiposizionale, basata su continui sacrifici di materiale e aperture di linee, senza nulla concedere alla prudenza e alla solidità della posizione.