LA RICOSTRUZIONE

Passata la bufera barbarica e superato l'anno Mille, il risveglio che si produsse in Italia e in Europa operò anche ad Imola. Lentamente la città cominciò a risorgere e a rivivere. Da parte della esigua popolazione che per secoli era rimasta abbarbicata a quel luogo e alle sue memorie, il proposito di far risorgere la città dovette essere fermissimo e implicò la volontà di ricondurre al luogo d'origine i cittadini dei due castri. Ciò rese inevitabili i contrasti e il guerreggiare della rinascente Imola con quei due borghi, che intanto avevano imparato a vivere di vita autonoma e a crearsi una propria storia.

Intorno all'anno Mille, la città risorta sulle rovine dell'antico Forum Cornelii era assai piccola: per estensione era probabilmente equivalente all'originario forum: un quadrato di circa 300 metri di lato, e forse meno che più. Il centro ne era la pieve di S. Lorenzo che aveva dinanzi il cimitero e il sagrato nel quale la popolazione si radunava a parlamento. La consistenza numerica degli abitanti doveva essere proporzionalmente assai esigua. Il luogo dove ora sorge il Duomo era già extra muros; lì, più o meno a ridosso delle muta, sorgeva una piccola fortificazione, della quale visse per lunghi secoli il ricordo nel toponimo di piazza Castellina. Sul lato opposto del quadrato, forse appena dentro le mura o forse fuori di esse, era l'abbazia di S. Maria in Regola. Non sembra che dentro il quadrato esistessero altre chiese o edifici comunque importanti. Lungo la via che oggi si chiama Appia, ma fuori della cinta di allora, esisteva un convento di Orsoline, che dava a quella e alla via il suo nome.

Il tenace proposito di ridare vita all'antica città e la perseverante lotta condotta dal piccolo nucleo risorto contro i due castri adiacenti, lotta che fu complicata dai contrasti tra i conti della città e i vescovi di S. Cassiano, e più tardi, di riflesso con la lotta delle investiture, dal parteggiare di guelfi e di ghibellini, in un gioco continuamente mutevole di alleanze e di rotture, si concluse come si sa con la vittoria del centro sui due castri. Appoggiata dall'imperatore Federico Barbarossa e dal suo legato Cristiano di Magonza, Imola riuscì ad aver mano libera contro i castri e a poterne eseguire la distruzione definitiva: del Castrum di S. Cassiano nel 1175, del Castrum Imolai nel 1222. Con questi due fatti, Imola ottenne il duplice scopo di eliminare due nemici che le erano fin troppo vicini e di ingrandirsi assorbendo in sè completamente o in gran parte i lor abitanti. La popolazione di S. Cassiano fu obbligata a trasferirsi in città e fu sistemata in un nucleo di abitazione costruite allo scopo fuori porta S. Egidio; quella del castrum Imolae fu trasferita anch'essa in Imola, in case appositamente edificate fuori porta Aldrovandi.

La distruzione dei due castri, che furono completamete rasi al suolo, implicò anche il trasferimento in città dei titoli delle chiese in essi abbattute e, per conseguenza, la ricostruzione in città delle rispettive chiese di S. Cassiano, di S. Donato, di S. Matteo. Sappiamo che alla costruzione della chiesa di S. Cassiano, cioè della cattedrale, si diede mano subito, nel 1187: e pressapoco lo stesso dovette accadere per le altre chiese e per i rispettivi monasteri. Il trasferimento della cattedrale comportava logicamente anche quello del vescovo e del capitolo, e inffatti, dopo che il vescovo di allora, Enrico, si fu sollennemente impegnato a prender dimora in città, si cominciò la costruzione dell'episcopio e della casa capitolare accanto alla nuova cattedrale.

La vittoria riportata sui castri, dunque, accrebbe e l'estensione e la popolazione della città rinata, e soprattutto diede impulso alla risvegliata vita del nuovo comune. Imola visse allora uno dei momenti più fervidi della sua storia. Parve aver sete di vita e di opere. Volle ingrandirsi, volle aver popolo: e se lo procurò obbligando a trasferirsi fra le sue mura i vinti abitanti di Bergullo (1187), di Dozza (1198) e di Gallisterna (1213), e per alloggiarli costruì case presso la porta Spuvilia, nel luogo dove è ora la via Fondazza; per quella di Dozza creò un quartiere lungo la via che ancora si chiama delle case di Dozza. Furono costruti anche degli edifici pubblici che la vita comunale rendeva necessari. Sorse il palazzo del Comune, furono costruite le mura con le opportune fortificazioni (1225). Nell'alternarsi delle vittorie e delle sconfitte coi vicini comuni di Bologna e di Faenza, Imola visse la sua storia: nel 1259 fu costruita la rocca, che settant'anno dopo, nel 1332, fu raddoppiata.

Nel quadro generale del risveglio civile e religioso sorsero edifici pubblici e case e botteghe artigiane, affluirono al Imola ordini religiosi, sorsero nuovi conventi e nuove chiese. Il periodo comunale segna per Imola uno dei suoi momenti di incremento edilizio e urbanistico. Quel che è interessante è il vedere come l'ampliamento urbanistico della città, pur a tanta distanza di tempo, riprese le direttive dell'ampliamento che si era già avuto al tempo di Augusto: Imola comunale si ampliò distendendosi entro le maglie dell'antico tessuto viario romano. Nell'età comunale la piccola città quadrata, ripetendo il processo di 1200 anni innanzi, ricostituì la forma rettangolare antica e tornò a coincidere con il perimetro che il forum romano aveva toccato nel momento della sua massima espansione. Le mura, costruite nel sec. XIV, crearono una cinta che rimase poi sostanzialmetne immutata, salvo piccoli ritocchi in un punto o nell'altro, fino ai nostri giorni.

Nel sec. XIV, appunto, la città raggiunge il suo massimo limite di espansione urbanistica e demografica, limite che rimarrà inalterato per almeno quattro secoli. Nel 1334 essa vien divisa in quattro quartieri (horae) comprendenti dodici parrocchie (cappellae). La sua popolazione raggiunse allora i settemila abitanti, più di quanti ne avesse avuti in età romana.
[Pagina seguente]


[Queen Home] [Le Citta'] [Business.it] [Web4you] [Internet]
 Copyright © 1998/2001 Pound & Star S.r.L., tutti i diritti riservati.

[Avanti]
[Indice]
[Indietro]