I DUE CASTRI

A quel che si può ricavare o intravedere dalla scarsezza di notizie e di documenti, i due castri ebbero diversa consistenza. Il castrum Sancti Cassiani, a quel che pare, attrasse a sè la maggior parte della popolazione e, per questo e per gli sviluppi successivi, dovè infine raggiungere l'aspetto di un grosso borgo. Comprendeva, come abbiamo detto, la cattedrale, l'episcopio e la casa capitolare già antiche, a cui si aggiunse un certo numero di case d'abitazione per la popolazione imolese che vi si rifugiò. In seguito vi sorse un'altra chiesa, dedicata a S. Vitale e, contigui ad essa, un monastrero di Benedettini e uno xenodochio o ospizio per alloggiare e assistere i pellegrini di passaggio. Vi è attestata anche l'esistenza d'un monastero di S. Donato, che certamente avrà avuto attigua una chiesa di S. Donato, poichè non era e non è concepibile un monastero senza una chiesa propria, e infine sono documentati una chiesa di S. Giorgio e un'ospedale dello stesso titolo.

In complesso quattro chiese, due monasteri, un spedale, uno xenodochio, oltre l'episcopio e la domus capitolare. Quando a questi edifici si aggiungano le case di abitazione del popolo rifugiato, si avrà quanto basta per pensare il castrum Sancti Cassiani come una entità edilizia e demografica abbastanza considerevole.

Il Castrum Imolae ebbe invece una chiesa principale dedicata a S. Matteo con annesso un convento di Benedettini che abitavano in un attiguo monastero. Non si sa se vi fosse altro, salvo naturalmente un certo numero di case di abitazione per il popolo. I due castri ebbero vita autonoma e lentamente, seguendo il corso storico comune a tutti gli abitati d'allora, attraverso l'età longobarda e l'età feudale, superata la soglia dell'anno Mille, si dettero anch'essi struttura e governo comunale. Ebbero i loro consoli, la loro assemblea o arengo, fecero alleanze e amicizie, paci e guerre, e furono varie volte distrutti e ricostruiti.

Intanto, posta in mezzo ad essi, la città che con la sua sventura li aveva generati, trascinava a quanto pare una grama e precaria esistenza. La fondazione dei due castri non aveva totalmente spopolato Forum Cornelii. Lo prova il fatto che vi sorse o continuò ad esservi officiata la chiesa di S. Maria in Regola alla quale era annesso un monastero di Benedettini, che più tardi divennero Olivetani o agli Olivetani cedettero il posto, e ancora lo prova il fatto che vi sorse una Pieve, la Pieve di S. Lorenzo. Questa, anzi, costituisce un indizio nello stesso tempo importante e curioso.

Le pievi sorsero non prima del VI secolo e la loro istituzione fu un fatto esclusivamente legato alla campagna e alla sistemazione religiosa ed ecclesiastica dei distretti rurali. Non vi furono pievi cittadine: gli abitanti d'una città formavano la civitas, mentre la pieve era la plebs, ossia la popolazione rurale d'un pagus di campagna. Quindi civitas e plebs erano entità del tutto distinte, e quasi antitetiche tra loro come erano città e campagna. Il fatto curioso è che, con l'esistenza della pieve di S. Lorenzo, situata come sappiamo proprio nel centro di Forum Cornelii, dove è ora il palazzo comunale e perciò ad un passo dal foro dell'età romana, troviamo una pieve, quindi una plebs nel centro di una città. La stranezza del fatto documenta un dato importante: che cioè, quando la pieve di S. Lorenzo fu istituita e costruita, Forum Cornelii non era più una città.

La distruzione subita e lo spopolamento che ne era conseguito l'avevano ridotta tale da poter essere considerata una plebs. Dal punto di vista ecclesiastico, la pieve e la sua popolazione dipendevano dalla cattedrale esistente nel castrum di S. Cassiano, come era proprio di qualunque effettiva pieve rurale.

Questo che abbiamo detto giova a gettar luce sul fatto della assoluta mancanza di qualsiasi resto o rudere dell'antico Forum Cornelii sopra terra. La distruzione di esso doveva essere avvenuta in tali circostanze da generale negli abitanti la persuasione che il continuare a vivere a cavallo della via Emilia sarebbe stato troppo pericoloso, e quindiil proposito di rinunciare per sempre a ricostruire la città. Da ciò, probabilmente, prese le mosse un'opera demolitrice dei superstiti, che si aggiunse a quella dei barbari e la completò. Nel costruire S. Cassiano e il Castrum Imolae, essi dovettero attinge re largamente il materiale dalla città devastata. Ciò del resto era reso necessario anche dal fatto che, dopo quanto era accaduto, di fornaci attive in Forum Cornelii era difficile che ve ne fossero più, considerata la fase di depressione economica e demografica che si stava dovunque attraversando. E che la costruzione dei due castri implicasse anche la rinuncia a ricostruire l'antico forum è provato dal fatto che non esiste in Imola la minima traccia e neppure ombra di notizia diretta o indiretta, di costruzioni più o meno consistenti eseguite durante tutta l'età longobarda e nella successiva età feudale.

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