Aaron Nimzowitsch
Giocatore lettone (Riga, 7.11.1886 - Copenaghen,
16.3.1935). Iniziò la sua carriera di maestro di scacchi
affrontando, nel torneo di Barmen 1905, un folto gruppo di maestri,
dai quali fu relegato al 15°-16° posto; ma già
nel 1907, a Carlsbad, il ventunenne Nimzowitsch
si classificava al 4° posto, alla pari con Leonhardt
e Schlechter, e prima di altri sedici maestri, fra i quali Vidmar, Duras,
Teichmann, Spielmann, Tartakower. A Ostenda, nel 1907, divise il 3°
posto con Mieses, ad Amburgo (1910) fu 3°, precedendo Spielmann,
Marshall, Alechin, Tarrasch. Dopo di allora, i suoi successi furono
numerosi: vinse il torneo dei maestri di Pietroburgo 1914, alla
pari con Alechin (il torneo dei grandi maestri di quello stesso
anno fu vinto da Lasker), giunse 1° a Copenaghen nel 1924;
1° alla pari con Rubinstein a Marienbad 1925- 1° a Dresda
13 e nello stesso anno 1° ad Hannover ; alla pari con Tartakower
nel 1927; 1° a Niendorf (con Tartakower) e a Londra dove
ottenne il premio di bellezza per la partita vinta con il Nero
contro Yates, 1° a Berlino nel torneo
del 1928 per il centenario della Soc. Scacchistica
Berlinese, e 2° nel torneo del " Beiliner Tageblatt
", dopo Capablanca; 1° 4° Carlsbad 1929; 1°
a Francoforte s. M. nel 1930, e 2° nel torneo di Sanremo
di quello stesso anno dopo Alechin. Non fu fortunato nelle
sfide individuali: fu sconfitto di Leonhard (1911), da Bogoljubov
(1920 da Brinckmann (1923), da Stahlberg (1934). Vinse a Stoccolma
Stoltz, nel 1934. Lasciò una impronta profonda come teorico,
per l'originalità delle sue idee. Il suo libro "Mein
System "(Berlino, 1925), tradotto in inglese, in russo e spagnolo, divenne
un classico della scuola moderna, insieme al successivo "Die Praxis meines
System" (Berlin, 1929) ripubblicato ancora nel 1960. Scrisse
anche alcuni libri su tornei: Kissingen 1928 (insieme a Tartakower);
Carlsbad 1929 (con una versione in lingua russa. Leningrado, 1930).
Molto si è scritto su Nimzowitsch, definito lapidariamente
da Reinfeld, nel titolo di un suo libro, come "Nimzowitsch
the hypermodern " (Phidelphia, 1948).
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