CENNI STORICI

Gli eventi che nei secoli hanno segnato la storia cesenate sono stati all'origine di più di uno spostamento del centro cittadino e di veri e propri rivolgimenti negli equilibri e nella gerarchia dei percorsi.
Il colle Garampo, ultima propaggine dell'Appennino che si incunea fino al cuore del centro abitato, è il perno attorno al quale si è strutturata la città a partire dai suoi primi secoli di vita. Una sola certezza possediamo in merito alla conformazione di Cesena sino a quasi la fine del Trecento: non ne sappiamo praticamente nulla.
I tentativi di appoggiarsi alle esilissime tracce documentarie per localizzare edifici e chiese altomedievali o quelli di individuare nella struttura attuale i segni canonici del castrum romano sono destinati a restare nel limbo delle ipotesi che è impossibile dimostrare. Il fatto è che il sacco del 1377, operato dalle truppe "Brettoni" al soldo di papa Gregorio XI, portò non solo alla perdita di edifici e, soprattutto, di documenti di inestimabile valore storico, ma fu la causa della pressoché totale riorganizzazione della città.
Divisa fino ad allora tra il nucleo murato sul colle e il piano, Cesena ebbe nel sacco un catalizzatore che accelerò un processo evolutivo in atto già da tempo, anche se con passo ben diverso. Da qualche decennio prima di quel fatidico anno, infatti, la vita andava spostandosi dal Garampo al piano lasciando la Murata, con le sue chiese e i palazzi governativi, sempre più isolata e inaccessibile.
Con il dominio malatestiano essa divenne struttura esclusivamente militare e ogni altro edificio (compreso l'antico duomo con il vescovado) fu raso al suolo.
[Immagine
Il Campanone. Sullo sfondo la Rocca Malatestiana, in basso i resti dell'abside di San Francesco.
Cesena raggiunse la forma che noi conosciamo alla fine del Trecento.
Il caratteristico "scorpione" descritto dal suo giro di mura è attraversato longitudinalmente dalla via Emilia che, collegando la porta Romana (o dei Santi) alla porta Fiume, descrive un'ampia curva ai piedi del colle. Da essa si dipartono due direttrici principali verso il piano: la via Ravegnana, con la porta Trova, e la via Cervese con la porta omonima.
Le porte Montanara e Santa Maria, di minore importanza, mettono in comunicazione la città con le zone collinari.

Il taglio di via C. Battisti, veduta aerea degli anni '50.
L'edificato si struttura su queste direttrici e sul torrente Cesuola che nel suo tratto urbano, da via Quattordici all'imbocco di via Battisti, descrive un'ansa aggirando il colle e la piazza del Popolo. Cesena fu riconsegnata al papa, alla morte di Domenico Novello Malatesta nel 1465, in uno stato che sarebbe rimasto immutato fino all'Ottocento nelle linee strutturali complessive poiché, i secoli della dominazione pontificia furono assai meno immobili.
L'assunzione al soglio pontificio dei cesenati Gian Angelo Braschi (Pio VI, 1775) e Barnaba Chiaramonti (Pio VII, 1799) fu all'origine degli interventi di artisti legati alla corte romana, ma la realizzazione di molti grandiosi progetti architettonici fu impedita dai rivolgimenti politici di fine Settecento.
La soppressione napoleonica degli ordini religiosi, con la chiusura, la conversione ad altri usi e, spesso, la demolizione di edifici ecclesiastici, segnò una svolta definitiva nella storia della città. Quanto resta oggi non è che una minima parte della fitta rete di conventi, chiese e oratori che penetrava ogni isolato e aveva i suoi punti nodali nei complessi di San Domenico, San Francesco e Sant'Agostino.
Questi ultimi, posti a corona attorno al Garampo, stabilirono una sorta di divisione del tessuto urbano in tre aree di influenza. È naturale che la rottura di questo secolare equilibrio, accentuatasi nel corso dell'Ottocento, abbia favorito il decadimento di alcune parti della città. La rilevante emergenza della Biblioteca Malatestiana fece sì che, nonostante le demolizioni della chiesa e di parte del convento, l'area di San Francesco conservasse la sua antica connotazione. [ImmagineIl Colle Garampo e l'antico tracciato dellla Via Emilia.Foto aerea dei primi anni '70.
La ricostruzione ottocentesca di quel complesso edilizio attivò la riorganizzazione urbanistica dell'intorno trasferendo in questa zona il fulcro della vita cittadina. Questa fu però un'eccezione: in molti altri casi la perdita di patrimoni edilizi e architettonici di enorme valore, rasi al suolo o comunque (è il caso di Santa Caterina e San Filippo) assorbiti dall'edificato civile, condusse a una grigia omogeneizzazione un tessuto che trovava la sua peculiarità nel continuo alternarsi di edilizia minore e di emergenze architettoniche.
A metà dell'Ottocento la cinta muraria era ormai stretta per i cesenati. Il giro difensivo conservava le antiche porte Trova, Cervese e Santa Maria. I due accessi principali della città erano ancora porta dei Santi e porta Fiume, ristrutturate dal governo pontificio nei primi decenni del secolo per lasciare una buona impressione ai forestieri che facevano il loro ingresso percorrendo la via Emilia con la diligenza.
Negli stessi decenni si era provveduto a regolarizzare e allargare il tracciato interno della strada postale abbattendo molti dei portici che la fiancheggiavano. Uscire dalle mura non fu facile e, fino a che il combinarsi di due eventi traumatici non lo rese inevitabile, ben poco fu costruito all'esterno se non qualche edificio minore a ridosso della cinta e nei "subborghi" fuori porta.
Nel 1861 arrivava la ferrovia. Contemporaneamente cessava il servizio di diligenza: il vecchio tracciato della via Emilia perdeva il suo ruolo di strada di grande comunicazione, le porte dei Santi e Fiume erano ridotte al rango di ingressi secondari e il borgo dei Santi, nel quale da pochi anni si erano orgogliosamente realizzati due fiori all'occhiello della comunità, il giardino pubblico e il teatro comunale, diveniva una strada qualunque.
[Immagine
Disegno della Biblioteca comunale Malatestiana, F.B.Werner, Cesena (1733).
Visto il luogo scelto per la stazione ferroviaria, la porta Cervese, prontamente demolita e ricostruiti in forme bonariamente neoclassiche come Barriera Cavour, divenne l'ingresso principale della città. Un'ampia strada, ai cui lati si affrettarono a sorgere nuovi edifici, la collegò alla stazione. Negli stessi anni si iniziò la demolizione del borgo Chiesa nuova, esistente da tempo immemorabile sulla curva che la via Emilia descrive sotto il Garampo.
La soluzione migliore parve quella di spedire gli abitanti delle case demolite a "colonizzare" le aree fuori porta Cervese. In realtà essi erano troppo poveri per procurarsi nuove abitazioni in qualunque luogo cosicché, sfruttando l'estrema lentezza con la quale procedeva la demolizione, non poterono far altro che ammassarsi nelle case rimaste, lasciando il corso Cavour ai ceti medi: commercianti, imprenditori, piccoli proprietari.
Il meccanismo dell'espansione era innescato e ben presto tutta l'area compresa fra porta Trova, porta dei Santi e la ferrovia, suddivisa dall'ingegnere comunale Davide Angeli con rigidi reticolati stradali, fu presa d'assalto dall'urbanizzazione novecentesca. Ai margini dell'elegante quartiere residenziale di Madonna delle Rose sorsero poi i primi complessi di edilizia economica e popolare.
Il colpo di grazia all'antico percorso della via Emilia fu, nel 1921, la realizzazione del ponte Nuovo e di via Cesare Battisti, che tagliavano fuori definitivamente il viale Mazzoni e la Piazza del Popolo dai percorsi abituali. Nel dopoguerra la città si è molto estesa oltre la ferrovia e al di là del Savio. Gli effetti della speculazione edilizia sono stati, per il centro, più distruttivi di quelli dovuti agli eventi bellici. Il nucleo antico è stato oggetto, negli ultimi decenni, di vaste opere di recupero che, se ne hanno miglioranto l'aspetto complessivo, sono stati anche all'origine di una radicale modifica del tessuto sociale dei suoi abitanti.
Sul piano strettamente edilizio, poi, il recupero ha spesso condotto a una forzata frammentazione della proprietà e alla perdita dell'unità funzionale e stilistica di numerosi palazzi. Fra i problemi che oggi gravano sul centro cittadino il principale è comunque quello del traffico automobilistico, che condiziona pesantemente il vivere e l'abitare, piegando alle proprie necessità una struttura non adatta ad accoglierlo.


Copyright © 1998/2001 Pound & Star S.r.L., tutti i diritti riservati.

[Indice]
[Indietro]