BIBLIOTECA MALATESTIANA

Una delle perdite più rilevanti fra quante nel secolo scorso hanno colpito il patrimonio artistico di Cesena è quella che riguarda il complesso conventuale di San Francesco che, a cominciare dalla chiesa, una delle più illustri della città, è stato in gran parte demolito.
Dell'originario complesso di edifici, che comprendeva anche due chiostri e alcuni oratori minori, restano pochi brani molto alterati. La sola aula della Biblioteca Malatestiana si presenta nella medesima configurazione che ebbe fin dalle origini.
Essa è anzi l'unica biblioteca monastica rinascimentale che sia giunta intatta fino a oggi, perfettamente conservata anche per quanto riguarda gli arredi e il patrimonio librario. La presenza a Cesena di un gruppo di frati Minori Conventuali è documentata solo a partire dal 1250, anno in cui ebbero inizio le opere di costruzione della chiesa, consacrata il 19 marzo 1290.
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Quasi di un secolo posteriore è invece il primo riferimento documentario all'esistenza, entro il convento, di uno studium di cui, peraltro, è ignota la data di fondazione. I documenti che possono fornire notizie certe sulla storia del convento in età medievale e rinascimentale sono, come si è visto, assai scarsi. È però certo che nello studium francescano si iniziò ben presto a raccogliere codici manoscritti. La biblioteca del convento si accrebbe al punto che nella prima metà del Quattrocento la sua conservazione divenne problematica.
Nel 1455, infatti, i frati manifestarono l'intenzione di utilizzare alcuni lasciti testamentari per la costruzione di una libraria, impresa per la quale ottennero l'approvazione papale e il fattivo appoggio di Novello Malatesta.
Grazie a quest'ultimo la biblioteca fu arricchita di molti nuovi codici, in parte addirittura prodotti nello scriptorium allestito dal signore di Cesena. La costruzione della libreria, realizzata in un prolungamento dell'ala che separava i due chiostri e che conteneva il refettorio e il dormitorio dei frati, ebbe inizio presumibilmente attorno al 1450, e la sua ultimazione avvenne al più tardi nel 1454.
Una lapide murata a fianco del portale d'ingresso attribuisce la responsabilità della realizzazione all'architetto marchigiano Matteo Nuti, attivo a Cesena nelle fabbriche malatestiane dal 1448. Il ruolo svolto da Novello Malatesta andò ben oltre quello di un semplice mecenate: la biblioteca fu per lui l'occasione di dare corpo ai propri ideali umanistici e fu da subito considerata sua esclusiva creazione, al punto da essere comunemente chiamata libraria domini.
Addirittura, la gestione fu da Novello affidata non ai frati (che per secoli ne furono semplicemente i custodi), ma al Comune, che ne garantì la pubblica utilizzazione e, soprattutto, la conservazione. A questo proposito è interessante ricordare che una bolla papale del 1466 minacciava di scomunica chiunque avesse sottratto volumi alla biblioteca. Ben poco si sa delle vicende edilizie del convento. La chiesa, ricchissima, conteneva tra l'altro le sepolture di Andrea e Novello Malatesta. Al momento delle soppressioni napoleoniche l'intero complesso fu trasformato in caserma; i codici della Malatestiana, in un primo tempo trasferiti altrove, furono poi (1802) ricollocati nell'aula del Nuti, nel frattempo restaurata e affrescata nella parete di fondo da Leandro Marconi.
Nel convento furono allora collocati anche il primo nucleo della biblioteca comunale (formato dai fondi librari superstiti delle corporazioni soppresse) e alcune aule scolastiche. La lunga serie di trasformazioni edilizie cui il complesso fu sottoposto in seguito non fece che rafforzare la sua caratterizzazione in senso culturale che anche oggi rimane fortissima.
Al piano terra, nei locali che dal 1839 furono sede del Monte di Pietà, si trova la sezione moderna della biblioteca comunale, inaugurata in questa sede nel 1983. Lo scalone conduce al corridoio superiore, nel quale sono stati collocati reperti lapidei (stemmi, epigrafi) di vada provenienza.
Fra questi, dalle logge del palazzo comunale, l'abaco con le unità di misura locali e le dimensioni fissate per alcuni materiali da costruzione.
Per un secondo corridoio che si apre in fondo, utilizzato per esposizioni temporanee (Galleria dell'immagine) si giunge all'aula del Nuti. Nel vestibolo si conserva la mazza argentea donata da Pio VI alla città nel 1790; opera dell'orafo romano Matteo Piroli, è stata restaurata nel 1989.
In una seconda vetrina sono esposti due piatti argentei databili presumibilmente alla prima metà del IV sec. d.C. Furono ritrovati nel 1948 sul colle Garampo, accuratamente seppelliti per proteggerne le decorazioni. Il maggiore reca al centro una bellissima scena conviviale e ai bordi scene di caccia e di vita nei campi, ottenute con l'impiego di argento, oro e smalto. Si accede all'aula della Biblioteca Malatestiana per lo splendido portale in pietra, per la cui realizzazione si è anche supposto (Viroli) l'intervento di Agostino di Duccio. Lo scultore era infatti presente a Cesena nel 1454, anno della realizzazione della porta, datata e firmata dall'intagliatore Cristoforo da San Giovanni in Persiceto.
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L'elefante con il cartiglio recante la scritta "ELEPHANS INDVS CVLICES NON TIMET" (l'elefante indiano non teme le zanzare), impresa dei Malatesta, è ripetuto nel timpano triangolare e nell'elaborato riquadro sovrastante.
A destra, la lapide celebrativa del Nuti. L'aula è a pianta rettangolare divisa in tre navate da due file di colonne in pietra. La navata centrale è voltata a botte, mentre le undici campate di quelle laterali hanno volte a crociera impostate, alle pareti, su semicolonne in laterizio.
I capitelli, di varie fogge, recano i diversi simboli malatestiani, ripetuti anche sui fianchi dei plutei lignei che contengono i codici. Sulla parete di fondo, sotto il rosone, è murata la lapide funeraria di Novello Malatesta, le cui ceneri furono qui traslate da San Francesco nel 1812 e il cui nome ricorre su ognuna delle altre iscrizioni inserite nel pavimento.
Sono numerosi gli studi che hanno collocato l'opera del Nuti nel quadro della cultura architettonica rinascimentale. È inevitabile che la stessa collocazione periferica di questo capolavoro, nonché il ruolo certamente non di primo piano dell'artefice, abbiano spinto molti studiosi a individuare come modelli esempi di maggior prestigio, fino alla recente ipotesi di un decisivo apporto alla progettazione da parte di Leon Battista Alberti, all'epoca operante a Rimini.


1.1 Biblioteca Malatestiana: l'aula del Nuti
1.2 Biblioteca Malatestiana: particolare dell'aua del Nuti


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