IL PRIMO 900

Il regno di Capablanca durò fino al 1927, quando fu chiamato a difendere il titolo contro un giocatore sovietico che già da tempo premeva per ottenere la possibilità di un match con il cubano. Parliamo di Alexander Alekhine, giocatore dallo sbalorditivo gioco d'attacco, genio della combinazione come pochi (forse solo Morphy) nella storia scacchistica. Il suo stile di gioco aveva un che di sovrumano, sempre tendente alla ricerca di posizioni esplosive, impossibili, nelle quali trionfava la propria mostruosa, magica inventiva. Anche il granitico quasi inattaccabile Capablanca dovette soccombergli, nel 1927 a Buenos Aires. Alekhine era il nuovo campione del mondo. Nel 1929 e nel 1934 difese con successo il titolo contro il connazionale Bogoljubov, sempre al meglio delle 30 partite, poi, nel 193S affrontò l'olandese Max Euwe con scarso impegno e una certa sufficienza, aggravata dalle disastrose condizioni psicofisiche con le quali affrontò il match (Alekhine era un gran bevitore, e come tutti i geni, un po' sregolato e bislacco): finí col perdere, ma Euwe non godette a lungo la corona mondiale. Due anni dopo (1937) Alekhine lo incontro nel match di rivincita, e stavolta si presentò all'appuntamento tirato a lucido, preparatissimo. Euwe fu costretto alla resa, e il sovietico ritornò campione. Fuggito dall'URSS, collaborazionista dei tedeschi dopo aver preso la cittadinanza francese, Alekhine precipitò però per una china esistenziale fatta di matrimoni sbagliati, alcool, solitudine. Mori, lasciando vacante il titolo, nel 1946, ad appena 54 anni. Immediatamente la F.I.D.E. (Federazione Internazionale degli Scacchi) si mise in moto per designare il nuovo detentore del titolo mondiale, e nel 1948 venne organizzato un torneo a 6 giocatori, che doveva stabilire l'identità del campione. Vi parteciparono tre sovietici (Botvinnik, Keres e Smyslov), due statunitensi (Reshewsky e Fine) e l'olandese Euwe. Michail Botvinnik divenne cosí campione del mondo, e la sua affermazione testimoniava, col secondo posto di Smyslov ed il terzo di Paul Keres, l'avvio di una superiorità della scuola sovietica ancora presente, più che mai, ai giorni nostri. Botvinnik era un grandissimo asso del giocò di posizione, e profondo conoscitore teorico: mantenne a lungo la corona, respingendo gli attacchi di Bronstein e Smyslov, oltre che dell'astro nascente Michail Tal (da molti definito il" Morphy del xx secolo"), e nonostante due brevi interregni: di Smyslov dal 1957 al 1958, e di Tal dal 1960 al 1961. Entrambe le volte, Botvinnik riuscí ad aggiudicarsi il match di rivincita. Nel 1963, dopo quindici anni di quasi ininterrotto dominio, Botvinnik incontrò Tigran Petrosian, un armeno dal gioco poco appariscente, duro come un macigno: imperforabile in difesa, molto oculato nell'ammnistrare i piccoli vantaggi, Petrosian non sembrava teso alla ricerca della vittoria, quanto al "nulla di fatto", cioè alla patta. In effetti, se era vero che vinceva poche volte, era altrettanto vero che non perdeva quasi mai. Ne fece le spese il vecchio Botvinnik, "macinato" in un match senza storia. Tigran Petrosian era il nuovo campione del mondo: difese il titolo nel 1966 contro Boris Spassky, altro prodotto sfornato dall'inesauribile fucina sovietica. In quell'occasione, l'armeno riuscí faticosamente a respingerne gli attacchi, ma tre anni più tardi, nel '69, dovette cedere allo stile "universale", eccezionalmente duttile e classico, dello stesso Spassky.