SCACCHI E PROBABILITÀ

di Roberto Magari

Da tempo sappiamo che, specialmente in Italia, ciò che viene inteso di solito per cultura è monco: viene ignorata la cultura scientifica. Abbiamo fortunatamente alcuni bravi divulgatori ma spesso essi sono in difficoltà con la matematica, anche perché, come ebbe a dire di recente uno di loro, pur bravo e famoso: "La matematica non si presta ad essere spiegata per immagini". Bisogna anche dire che spesso i matematici non sanno o non vogliono condividere con altri il loro "giardino incantato" (prendo a prestito questa locuzione fra il romantico e il lezioso dal titolo di un libro divulgativo che mi fu utile da giovane). Un'altra lacuna nella formazione media riguarda gli scacchi e anche i giochi in generale; le due lacune, credo, sono connesse e può essere una buona idea quella di combattere una battaglia comune. Già la vita quotidiana offre a iosa spunti matematici; mi limiterò a due soli esempi. Quando ero ancora più giovane di ora non potevo permettermi un orologio da polso e cercavo di supplire guardando gli orologi da muro che allora erano presenti in quasi tutti i negozi. Ben presto mi posi il problema di come stimare l'ora in presenza di indicazioni discordi e quest'occasione mi introdusse a concetti probabilistici forse meglio di un trattato. Supponiamo che uno debba attraversare la strada diagonalmente sotto la pioggia ma che una parte della larghezza della strada sia coperta: che tipo di percorso dovrà seguire se valuta in un certo modo i danni della pioggia e in un certo altro il danno di un percorso più lungo? Lo studio di questo banale problema introduce benissimo ai problemi di minimo in genere (addirittura, se vogliamo, al calcolo delle variazioni) e permette anche di capire meglio la rifrazione. Se già la vita quotidiana offre spunti per riflessioni matematiche è da presumere che ancor più ne offrano i giochi e specialmente gli scacchi. Di questo fenomeno ci sono interessanti esempi classici, come il problema delle otto donne, il problema delle cinque donne, i problemi relativi al movimento del cavallo, la teoria delle case reciproche nei finali di pedoni e in altri finali. In questa chiacchierata. darò tre nuovi esempi di problemi di ispirazione scacchistica che possono servire ottimamente da spunto per riflessioni matematiche di carattere probabilistico.

1. La "fortuna" e gli scacchi.

Appartenendo all'onorata categoria scacchistica dei "polli" ho una naturale indulgenza verso chi, avendo perso, parla di circostanze avverse o addirittura di "sfortuna". Questo non toglie che a prima vista i luoghi comuni circa l'assenza di questo fattore dagli scacchi siano attendibili. Per affrontare I'argomento occorre anzitutto sovrapporre al concetto vago di "fortuna" del senso comune un concetto rigorosamente definito: sarà, se lo si farà con giovani scacchisti o aspiranti matematici, una delle tante occasioni per mostrare che uno dei vantaggi della matematica è proprio quello di fornire strumenti per sovrapporre ai concetti del senso comune concetti rigorosamente definiti.
Supponiamo, si dirà, di essere in una situazione cui possono seguirne altre: s1,s2,....,sn, di probabilità rispettive p1, p2,...,pn; si chiama allora "speranza" o "utilità la somma u=p1 v1+P2 v2+...+Pn vn. Supponiamo ora che di fatto si verifichi una situazione, fra quelle elencate come possibili, di valore v; sembra abbastanza aderente al senso comune chiamare fortuna (del protagonista, in quella circostanza) la differenza v-u e, se vogliamo, sfortuna il suo opposto u-v. Se si vuole che questa teoria risulti applicabile conviene che le probabilità e i valori siano presi in un opportuno campo non archimedeo, che il valore 0 sia riservato agli eventi impossibili e il valore 1 agli aventi certi. Tornando agli scacchi occorre anzitutto chiarire che il gioco è determinato, nel senso che si verifica una (e una sola) delle seguenti possibilità:
a) Esiste una strategia vincente per il Bianco;
b) Esiste una strategia vincente per il Nero;
c) Esistono due strategie di patta, una per il Bianco e una per il Nero.
Sono cose ovvie ma uno dei compiti di chi vuole insegnare matematica è proprio quello di far notare le cose ovvie e di far constatare quanto I'esplicitarle sia utile per lo analisi successive. Il docente potrà qui attardarsi sul concetto di strategia. L'argomento si presta anche ad una importante osservazione; quasi tutti gli scacchisti sono convinti che il caso b), strategia vincente per il Nero, non si verifichi ma naturalmente nessuno, che si sappia, è in grado di dare una dimostrazione di questa congettura. Si tratta di uno dei rari casi in cui una congettura matematica priva di dimostrazione viene ritenuta pressoché sicura. Se gli ascoltatori hanno interessi epistemologici sarà qui il caso di invitarli a discutere sul tipo di "certezza" dato dalle dimostrazioni, sul caso delle dimostrazioni molto lunghe o eseguite soltanto da calcolatori, sulla capacità del senso comune e del senso comune matematico di avanzare congetture probabili ecc. II fatto che il gioco sia determinato non significa certo che noi siamo in grado in un tempo ragionevole di decidere quale delle tre (o delle due se ci sentiamo di escludere l'esistenza di una strategia vincente per il Nero) possibilità si verifichi. Un tempo si diceva che con i calcolatori sarebbe stato necessario per il calcolo completo del gioco un tempo dell'ordine dell'età dell'Universo, non so se ora questo tempo si è ridotto di qualche miliardo di anni o se al contrario qualche stima più accurata lo ritiene maggiore. Sappiamo bene che durante il gioco nessun giocatore può fare un'analisi completa, se non in casi particolari molto semplici. Ci si limita ad un'analisi parziale in cui l'elemento fondamentale è un insieme di giudizi su certe posizioni, legati a parametri a volte espliciti e a volte ignoti all'analista stesso e questi giudizi non dipendono da un'ulteriore analisi combinatoria. Salvo casi particolari ogni scelta di un giocatore è affidata quindi a giudizi, che possiamo ritenere in ultima analisi dalla forma "La situazione A è preferibile alla situazione B". Questi giudizi non si basano su un'analisi delle varianti ma soltanto su un certo numero (grande, probabilmente, ma non certo paragonabile a1 numero delle situazioni possibili) di elementi (disparità di materiale, occupazione di una colonna aperta, spazio controllato ecc.. ecc.,).