LA DECADENZA

La prosperità economica di Forum Cornelii fu tutta fondata sull'agricoltura. I ritrovamenti archeologici, in città e nei dintorni, non hanno dato finora alcun elemento per pensare che vi si svolgesse una qualsiasi notevole attività industriale. Certo, qualcos'altro vi si produceva, oltre ai prodotti agricoli: ma doveva trattarsi di opifici artigiani che lavoravano e producevano tanto quanto bastava a soddisfare i bisogni locali. L'unica attività nella quale si può intravedere la capacità di soddisfare un mercato più ampio di quello locale è quella dei laterizi. Forse dalle fornaci di Imola partivano prodotti per le città vicine; ma anche questo è dubbio. A Faenza, per esempio, non si è trovata alcuna marca che corrisponda a quelle testimoniate a Imola. Forum Cornelii, in sostanza, era allora un centro quasi esclusivamente agricolo. I prodotti dei campi (grano, uva, bestiame, forse frutta) venivano trattati nel foro, sotto i portici e nella basilica; poi prendevano la via per la loro destinazione.

Le direzioni del traffico erano: anzitutto la via Emilia, che convogliava l'esuberanza dei prodotti verso Bologna e al di là di Faenza verso Roma. Un'altra via era la Selice. Se essa fu selciata una ragione dovette esserci e certo non fu la necessità di trasporti fra campo e campo.In fondo alla via Selice, al Caput Silicis, esisteva un porticciuolo: lì i prodotti agricoli della zona venivano trasportati lungo la Selice e imbarcati, probabilmente per Ravenna, Hatria (Adria), Ateste (Este), Comiaclum (Comacchio), Butrium (Budrio), e forse per altri centri del Delta padano che, sperduti fra le paludi, non traevano certo la vita dal proprio suolo.

Sembra che in età romana Imola disponesse anche d'una via d'acqua, perchè si parla di merci che arrivavano o partivano da Imola su barconi. La via d'acqua poteva essere il Santerno o più probabilmente un canale costeggiante la via Selice: forse l'attuale canale dei Molini. L'esistenza di esso è attestata in data antichissima e non è improbabile che sia stato scavato in età romana. Legata alle sorti dell'agricoltura locale, l'economia di Forum Cornelii cominciò a decadere col decadere dell'agricoltura.

Si sa che questo fenomeno si verificò nel territorio romano dal II secolo D.C. in avanti. è difficile dire se Imola risentì immediatamente gli effetti della crisi agricola. Probabilmente no, perchè l'agricoltura dell'imolese, a giudicare dalla centuriazione, doveva essere di tipo intensivo, e non pare che in questo territorio possano essersi formati dei latifondi. Anzitutto la centuraizione fornisce l'impressione di una campagna divisa in poderi di non grande ampiezza e accuratamente distinti l'uno dall'altro dai decumani e dai cardini. Inoltre nella toponomastica della campagna imolese non appaiono toponimi che facciano pensare a masse e corti agricole, mentre si sa che questi latifondi medievali derivavano spesso da latifondi romani. L'unico toponimo di questo genere, Massalombarda, si riferisce ad un Massa Lombardorum creata molti secoli dopo l'età romana. Resta da pensare, quindi, che il decadimento agricolo dell'agro imolese avvenne, per contraccolpo della situazione generale, come una deflessione lenta. Questa fu probabilmente collegata con la deflessione demografica. A poco a poco vennero a mancare i coltivatori, dei fondi furono abbandonati e si formarono estensioni scarsamente coltivate e altre addirittura non coltivate, crebbero sterpaglie e boscaglie, si formarono acquitrini.

La tradizione e la toponomastica medievali concordano nell'indicare zone paludose fin nei pressi di Imola, ad esempio nei toponimi di S. Pietro in Laguna, S. Pietro in Chiusura. E se nel VII secolo si stabilirono in Imola, nel monastero di S. Maria in Regola, monaci benedettini, pare fuori di dubbio che nelle vicinanze vi fossero zone da bonificare e da rimettere a cultura, perchè in quei secoli i monasteri di benedettini e la bonifica agraria erano fattori congiunti. Certamente la depressione economica vi fu: non solo perchè non c'è ragione di pensare che solo Imola e la sua campagna si potessero allora sottrarre ad una condizione di cose che fu generale, ma anche perchè altri indizi lo confermano. I ritrovamenti archeologici hanno dato, ad esempio, quattro pavimenti riferibili al I secolo A.C., riferibili al I D.C., 5 databili al II D.C., nessuno al terzo e ai successivi.

Per gli edifici di abitazione: due vaste abitazioni databili all'età augustea, tre da riportare al I secolo, una al secondo, nessuna al terzo. Il quadro è dunque questo: notevole attività edilizia nel I secolo A.C., notevole nel I D.C., minore nel II, nulla del terzo. Dunque, se abbiamo valutato come indizio di prosperità l'attività edilizia dell'ultimo secolo repubblicano e del primo imperiale, bisognerà vedere nel declinare e nel cessare di quell'attività nel II e nel III secolo i segni di una diminuente prosperità o di una progressiva recessione economica. Fra il I e il IV secolo D.C. l'impianto e l'aspetto urbanistico della città non dovette subire variazioni notevoli. Certo essa non registrò un incremento; probabilmente cominciò a mostrare i segni del decadimento.

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