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Abitato fin dal V secolo a.C. da popolazioni autoctone di origine multiforme (in prevalenza umbri,
con vari influssi rimasti dall'invasione celtica), il territorio forlivese subì nel III
secolo a.C. l'invasione romana, con la conseguente costruzione della via Emilia e l'assegnazione
di terre, suddivise in poderi, ai cittadini delle nuove colonie. Risale proprio a questa epoca
la denominazione del villaggio come "Forum Livii" (il foro di Livio), che la tradizione ha spesso
indicato, come fondatore, il console Livio Salinatore
senza trovare peròconferma in precisi riscontri storici. Il piccolo nucleo urbano, costituito da un quadrilatero di circa
cento metri per lato in cui è possibile rintracciarele fondamenta dell'antico castrum,
rimase per secoli un tranquillo centro di smistamento agricolo, legando poi la sua storia
aquella dell'Esarcato, alle invasioni dei Visigoti (V sec. d. C.) e alla dominazione longobarda
(VIII sec. d. C.), fino alla suaannessione ai territori pontifici. Libero comune nel XI
secolo, Forlì si caratterizzò per la scelta ghibellina a fianco dell'Imperatore,
contrapponendosi alle vicine città guelfe di Faenza e Bologna. Liberatasi dal dominio
papale, la città divenne infatti rifugio per gli esuli ghibellini (fra i quali, nel 1303,
ancheDante Alighieri), vivendo poi (XIII sec.) la disputa fra le famiglie degli Orgogliosi e
degli Ordelaffi, vinta da quest'ultima,che mantenne la signoria sulla città fino al 1480.
Con la morte di Pino III Ordelaffi, avvenuta appunto nel 1480, la cittàtornò
sotto il dominio delPapa Sisto IV il quale ne affidò il dominio al nipote Girolamo Riario, affiancatodalla moglie Caterina Sforza. Alla morte del Papa, Riario perse ogni appoggio politico nella zona, e morì in una congiura nel 1488. Caterina prese allora in mano le sorti politiche e militari della città, difendendola con coraggio fino al 1500, anno in cui Cesare Borgia, il Duca Valentino figlio del Papa Alessandro VI, assediò e prese la rocca forlivese. Il dominio dei Borgia, con il ritorno degli Ordelaffi, ebbe però breve durata:Forlì tornò infatti ben presto sotto lo Stato pontificio, allora guidato da Giulio II della Rovere. In questo periodo di pieno Rinascimento, la città diede i natali a importanti personalità, quali i pittori Melozzo degli Ambrogi,
Marco Palmezzano e Sebastiano Menzocchi, all'architetto Pace Bombace, ai condottieri Romanello
da Forlì e Giovanni delle Bande Nere,figlio di Caterina Sforza e Giovanni de Medici.
Nel '600 e nel '700 la produzione architettonica in stile barocco sovrappose nuovi e imponenti
edifici a quelli medioevalie rinascimentali. Sono di questo periodo il Macello Comunale,
l'ospedale "Casa di Dio" in Borgo Cotogni, la Porta Pia e la Porta di Schiavonia. Il 4
febbraio 1797 le truppe napoleoniche entrano in città, e con loro arrivano anche
radicali cambiamenti(requisizione del bestiame e di edifici, istituzione di circoscrizioni
obbligatorie e, soprattutto, soppressione degli ordini religiosi) che modificano radicalmente
l'assetto cittadino. I conventi divengono caserme, carceri o magazzini; alcuni vengono
demoliti (come quello di S.Francesco), lasciando iprimi squarci nel tessuto urbano. Nascono
in questo periodo i palazzi della piccola e media borghesia che caratterizzano, con le loro
semplici forme neoclassiche, l'attuale Corso della Repubblica e via Giorgio Regnoli. Molto
attivo in città è ora l'architetto Luigi Mirri, affiancato dal pittore Felice Giani
. Il mecenatismo di alcune famiglie porta a Forlì anche un grande artista come
Antonio Canova, che qui ha lasciato il monumento funebre a Domenico Manzoni nella chiesa
della SS. Trinità e la celebre Ebe, conservata oggi nella Pinacoteca comunale. Nel
1815 la città torna sotto il dominio della Chiesa. Comincia allora la restaurazione,
con il ripristino degli ordini religiosi, la riapertura dei conventi e la ricostruzione, dalle
fondamenta, del Duomo. Le truppe austriache mantengono l'ordine in città con rigore
militare: i principi libertari lasciati dietro disè dalla Rivoluzione francese avevano
però ormai lasciato una traccia molto profonda nei forlivesi, che in quegli anni danno
vita alle "vendite" carbonare organizzando un'intensa attività cospirativa. Fra i
più importanti patrioti dell'epoca Piero Maroncelli,
nato a Forlì nel 1795 e morto a New Yorknel 1846, dopo aver conosciuto atroci sofferenze
nella prigione austriaca dello Spielberg a fianco di Silvio Pellico. Votata nel 1859
l'annessione alla monarchia Sabauda, Forlì si proietta verso il nuovo secolo con occhio
aperto al progresso (nascono ora le prime organizzazioni politiche fra cui i liberali, i
repubblicani mazziniani, gli internazionalisti e i cattolici) e allo sviluppo edilizio: la
fascia esterna alle mura, demolita a partire dal 1905, viene occupata da nuovi palazzi e dalla
ferrovia. Nel 1889 l'amministrazione cittadina passa nelle mani dei repubblicani, che la
mantennero fino all'avvento del fascismo. Con Mussolini Forlì visse il destino di
centro urbano destinato a divenire "la città del Duce", con tutti gli attributi simbolici
e magniloquenti che ne consegue. Fu l'epoca quella di pesanti "risanamenti" edilizi che
modificarono radicalmente alcuni quartieri storici e alcune prospettive, a partire dalla stessa
Piazza Saffi. Il primo Piano Regolatore, infatti, improntato ad un deciso gusto littorio,
risale al 1931. Caratteristico dell'architettura fascista il complesso di Piazzale della
Vittoria, ad opera dell'architetto Cesare Bazzani e dello scultore Bernardini Bonifava, con
il collegio areonautico (oggi ospitante l'Istituto Magistrale, il Liceo Classico e Scuole medie)
affiancato da una gigantesca statua di Icaro, e l'ampio viale della Libertà che si apre
di fronte al centrale monumento ai caduti verso la stazione ferroviaria. La fine della guerra
con la conseguente ritirata delle truppe tedesche e i bombardamenti alleati arrecano danni
irreparabili: S.Mercuriale viene gravemente danneggiata, le barriere Saffi e Mazzini e la chiesa
di S. Biagio, ospitante gli unici affreschi di Melozzo sono rase al suolo. Anche la torre
civica e il campanile del Duomo vengono distrutti, travolgendo nel crollo il teatro e parte
della cattedrale. Gli anni del dopoguerra portano con sé la volontà di
ricostruire il patrimonio artistico distrutto dalla guerra (S. Biagio, il campanile del Duomo,
la torre civica e quella dell'acquedotto) e l'ampliamento della città in una periferia
non sempre urbanisticamente organizzata.
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