TEATRO A. BONCI

Una struttura teatrale pubblica e stabile mancò a Cesena fino a tutto il Settecento. La prima sala vera e propria fu costruita nel 1796 all'intemo del palazzo della famiglia Spada che, al pari di altri importanti edifici cittadini, da tempo ospitava gli spettacoli organizzati per l'aristocrazia locale.
Inaugurata nel 1797, la sala del teatro Spada era completamente in legno: piccola e malsicura non rispondeva alle evolute esigenze di un teatro che da nobiliare si avviava a divenire, se non popolare, borghese. Per questo, nel 1838, la municipalità prese la decisione di demolire il palazzo per costruire al suo posto un vero e proprio teatro.
Anche la posizione era ideale: sorto a fianco del giardino pubblico, il teatro avrebbe accolto le diligenze entrate da porta Romana e rivelato ai forestieri una città fornita di tutte le atrezzature pubbliche che, secondo il moderno pensiero urbanistico, erano divenute indispensabili.
Il progetto fu affidato all'architetto Vincenzo Ghinelli: i lavori ebbero inizio solo nel 1843 e la sala fu inaugurata nell'agosto di tre anni dopo. La prima stagione fu organizzata con sfarzo: si pensi che per i ruoli protagonistici della donizettiana Maria di Rohan furono a Cesena il soprano Teresa De Giuli Borsi, alla vigilia della partenza per il Teatro Imperiale di Pietroburgo, e il tenore Gaetano Fraschini, prediletto di Giuseppe Verdi e primo interprete di Attila, de Il Corsaro, di Alzira, Stafelio e Un ballo in maschera. Protagonista del ballo che tradizionalmente accompagnava ogni rappresentazione operistica fu poi la celeberrima Fanny Essler. [Teatro
7.1
Nei decenni successivi il teatro avrebbe maturato una tradizione melodrammatica di tutto rispetto nella quale brillano (per limitarci al passato più remoto) i nomi di Teresa Stolz (Guglielmo Tell, 1865), di Giuseppe Borgatti (Tosca, 1903) e, soprattutto, di "Alessandro Bonci" (Faust nel 1904 e Requiem di Verdi nel 1927).
Al grande tenore cesenate il teatro sarebbe poi stato dedicato.
A partire dalle trionfali recite del 1862 della compagnia di Adelaide Ristori anche la prosa ha avuto un ruolo importante nella storia del teatro, che ospita tuttora regolari stagioni. Il modello cui la facciata si ispira è quello consueto di derivazione piermariniana: un robusto portico bugnato sostiene un più elegante colonnato ionico con timpano triangolare.
Le decorazioni a bassorilievo, eseguite dal bolognese Gaetano Bernasconi, raffigurano Il Savio e il Rubicone con lo stemma comunale nel timpano e figure mitologiche negli undici riquadri posti sotto la trabeazione.
La sala ha pianta a ferro di cavallo, tre ordini di palchi e due gallerie. La bottega del ferrarese Francesco Migliari eseguì tutte le decorazioni. Nel notevole soffitto un complesso apparato floreale contiene quattro riquadri con episodi della "Divina Commedia": "L'incontro di Dante e Virgilio con le Furie", "Il Conte Ugolino che uccide i figli", "Dante e Virgilio al Purgatorio" e "L'apparizione del Padre Eterno".
Nei medaglioni, figure allegoriche rappresentano "Il Melodramma", "La Tragedia", "La Musica" e "La Poesia". Dell'originario apparato decorativo mancano oggi il sipario dipinto da Antonio Pio (Dante condotto dall'Italia al Tempio della Gloria) e il lampadario che, però, si vogliono ancora esistenti. Si conservano le macchine sceniche un tempo utilizzate per produrre i rumori di grandine, tuoni e fulmini.

7.1 Teatro A.Bonci: foto dei primi del Novecento


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