CONVENTO DI SAN BIAGIO

Le notizie sulla nascita di questo complesso sono imprecise e contraddittorie. La fondazione risale probabilmente agli ultimi decenni del Trecento ma nel 1486 esso "fu refatto suntuosamente" (Fantaguzzi). Il convento dovette raggiungere la sua massima espansione verso la metà del Seicento, quando ospitava sessantanove monache e viveva un momento di attivo fervore edilizio.
Nel 1650 si fabbricò il campanile, modificato poi da Agostino Azzolini nel 1774. L'11 luglio 1810 il monastero fu soppresso e tutte le suore espulse. Iniziava così la sua storia di decadimento e manomissioni. Con la restaurazione del potere pontificio la chiesa venne riaperta, mentre l'amministrazione dell'Ospedale del Santissimo Crocifisso insediava nel convento la Casa di Ricovero per le Figlie del Povero.
Nuovi lavori di ristrutturazione furono intrapresi nel 1860 e, dopo la prima guerra mondiale, una parte del convento venne occupata da un tabacchificio.
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6.1
L'orfanotrofio è stato soppresso solo dopo il 1960. Restaurato a partire dal 1975 il complesso è oggi un importante punto di riferimento per la vita cittadina ospitando, oltre a un certo numero di abitazioni, una grande quantità di attrezzature pubbliche: la Pinacoteca Comunale, un cinema, un ristorante, una videoteca, una fonoteca, il Liceo Musicale, sedi di associazioni e varie altre attività.
Della chiesa, che conteneva un tempo un quadro di Giuseppe Milani (autore anche di affreschi nella perduta cappella del SS.mo Sacramento), rimane oggi soltanto l'invaso, che costituisce l'ingresso al cinema e al ristorante. Interessa ricordare che nella sala oggi occupata dal cinema erano collocati i sessantadue stalli del coro delle monache le quali, attraverso un sistema di grate, potevano seguire debitamente appartate le funzioni celebrate nella chiesa al piano inferiore.
La parte architettonicamente più interessante dell'ex convento è il cortile della loggetta, cui si accede da una porta in fondo all'androne dell'ingresso principale.
La loggia in laterizio al piano terra appartiene probabilmente alla parte più antica dell'edificio, mentre la loggetta in pietra al piano superiore risale ai rifacimenti quattrocenteschi.
Dall'androne si prenda la scala a destra: al primo piano si trova l'ingresso alla Pinacoteca Comunale. Il museo, che raccoglie opere pervenute in proprietà comunale in tempi e per vie diverse, è stato aperto nel 1984 per consentire la permanente esposizione di una raccolta che, se non può dirsi sufficientemente completa né omogenea, merita di essere conosciuta.
Il catalogo è disponibile all'interno; va segnalata inoltre la bella iniziativa di pubblicare mensilmente una scheda che analizza una delle opere esposte.

PINACOTECA COMUNALE


Salone centrale: nel primo settore sono esposti frammenti di affreschi quattrocenteschi provenienti da diversi conventi cittadini. Sulla parete destra, "La Vergine Annunziata, San Biagio Martire e La Madonna del latte da Sant'Agostino", attribuite al cosiddetto "Maestro di Castrocaro", attivo intorno alla metà del Quattrocento. Dello stesso è la "Madonna in trono col Bambino" proveniente da un edificio attiguo al Palazzo del Ridotto, demolito nel 1871.
L'affresco con "San Biagio protettore" e quello, sulla parete di fronte, con "La Madonna dell'Umiltà e l'Arcangelo Raffaele con Tobiolo", parti probabilmente di un unico ciclo, furono rinvenuti nel 1902 nello stesso convento di San Biagio. Di ardua attribuzione, spettano probabilmente a un pittore romagnolo attivo negli ultimi decenni del Quattrocento.
Segue, a destra, una "Madonna della pera" dubitativamente assegnata alla bottega di Bitino da Faenza e datata al 1410 circa. "La Madonna in trono col Bambino, Sant'Antonio Abate e l'Arcangelo Michele" di Antonio Aleotti, firmata e datata (1510), proviene dall'antico ospedale di Sant'Antonio in Chiesanuova. Recentemente è stato attribuito all'Aleotti anche il "San Sebastiano" che costituisce il pannello centrale del trittico esposto sulla parete di fronte. Ai lati, "San Rocco e San Cristoforo" di Francesco Zaganelli da Cotignola.
Segue, a sinistra, un Ritratto del vescovo Filasio Roverella di recente assegnato all'anonimo "Maestro dei Baldraccani", un pittore romagnolo attivo fra il 1480 e il 1510. Seguono due frammenti di tavola di un altro anonimo pittore romagnolo del primo Cinquecento con San Gregorio Magno e un Ritratto di committente. Frammento di una tavola più ampia è anche il "Cristo e l'adultera" di Bartolomeo Coda.
Segue un'importante tavola di Scipione Sacco con "Cristo in cattedra e i Santi Paolo, Stefano, Tommaso d'Aquino, Andrea, l'Arcangelo Raffaele e Tobiolo, da San Domenico", datata (1537) e documentata. Commissionata dalla famiglia Lancetti è la prima opera certa del Sacco, artista del quale rimangono assai scarse testimonianze.
Alle pareti di destra sono esposti una "Deposizione" di Giovanni Battista Bertucci il Giovane (c. 1580), una "Adorazione dei Magi", una "Crocefissione" e un "Cristo Redentore", opere cinquecentesche di bassa qualità, e una bella "Crocifissione" di scuola forlivese del Cinquecento.
Segue, sempre a destra, il gruppo di cinque opere del Sassoferrato possedute dalla Pinacoteca. Le due tele con "L'Arcangelo Gabriele e La Vergine Annunziata" furono donate alla basilica del Monte nel 1686 dall'abate del convento. Le altre tele rappresentano "La Vergine col Bambino", "La Vergine Annunziata", "La Vergine Addolorata". Segue la bella tela di Cristoforo Serra con "San Filippo apostolo e Santa Francesca Romana", da un altare laterale della chiesa di Sant'Anna. La tela appartiene alla decorazione eseguita dal Serra nei primi anni dopo il 1660.
Nella parete di fondo, Deposizione dell'imolese Gaspare Sacchi, lunetta dall'abbazia del Monte, dipinta presumibilmente fra il 1528 e il 1536. A sinistra, bel "Ritratto di giovane musico" del bolognese Bartolomeo Passerotti, databile circa al 1560-65.
Seguono, alla parete di sinistra, "L'estasi di San Guarino" di Giambattista Razzani, da Santa Croce (c. 1630) e, dello stesso, un "Ritratto del cappuccino Tommaso da Caltagirone", datato 1642. Dopo un "San Francesco in estasi" di anonimo e una "Santa Caterina che legge" di ambito toscano seicentesco, la visita alla sala termina col bellissimo "Suicidio di Sofonisba" del veneto Gerolamo Forabosco, databile circa al 1660.

Corridoio sinistro: dopo una "Madonna col Bambino, San Francesco e Sant'Antonio da Padova" derivata da Guido Reni, l'eccezionale "Sacrificio di Ifigenia" di Giambattista Piazzetta, nella collezione comunale dal 1888.
Attribuito prima a Giambattista Tiepolo, poi al Pittoni e al Capella, è stato definitivamente assegnato al Piazzetta in seguito al ritrovamento del disegno preparatorio (Pierpont Morgan Library, New York). Il disegno è datato 1750: l'opera appartiene dunque all'estrema attività del pittore veneziano.
Segue una "Madonna col Bambino e San Felice da Cantalice" di Bartolomeo Gennari, dal convento dei Cappuccini (c. 1650). Seguono un "Uomo col gatto" del Todeschini e un imponente "Ritratto di papa Pio VI Braschi" erroneamente attribuito a Pompeo Batoni ma, in realtà, derivante da una incisione pubblicata nel 1780 che riproduce con qualche variante un quadro di Giovanni Domenico Porta (Museo di Roma, Roma).
È interessante notare come lo sfondo dell'originale (la basilica diSan Pietro) sia stato sostituito qui con una veduta di Cesena che riproduce quella celeberrima disegnata dallo Hackert e incisa dal Lacroix nel 1776.
Anche il "Ritratto di Pio VI seduto", firmato dal cesenate Agostino Plachesi, deriva da un'opera del Porta, più volte replicata e incisa, di cui si conosce un esemplare conservato a Versailles. Seguono due tele con "Il Genio della Vita" e "Il Genio della Morte" di ambito cignanesco e un "Ritratto di Francesco Fattiboni" di Agostino Plachesi, attivo nella seconda metà del Settecento.
Dopo "La Carità" (1742) del cesenate Francesco Andreini sono esposti i quindici bozzetti per gli affreschi di Santa Maria del Monte di Giuseppe Milani (1773-74), bellissimo gruppo di opere che meriterebbe un'esposizione più adeguata.
Di fronte, "La Vergine con San Luigi Gonzaga", sempre del Milani, dipinto nel 1748 per il Conservatorio delle Pericolanti.
Nell'ltimo settore sono notevoli soprattutto tre tele del cesenate Vincenzo Baldacci. "Il Filottete morente" fu inviato da Roma quale prova della fruttuosità degli studi che il giovane conduceva all'Accademia.
Di fronte, dello stesso, "I funerali di Ettore" e un "Ritratto di Napoleone Bonaparte". Nella parete di fondo, "L'entrata di Pio VII a Cesena" di Enea Peroni (1839).

Corridoio destro: sono esposte opere novecentesche, nel complesso di scarsa importanza rispetto alla statura degli artisti rappresentati. Ricordiamo un "Ritratto del conte Pasolini" e un "Ritratto di donna" di Anselmo Gianfanti, un "Ritratto di madre e figlia", "Una Natura morta" di Gino Barbieri, due "Vedute del Cesuola" di Giordano Severi, un "Autoritratto di Fortunato Teodorani" e una "Veduta dalle colline di Cesena" di Giannetto Malmerendi.
La produzione di artisti contemporanei del livello di Alberto Sughi, Giovanni Cappelli e Luciano Caldari è decisamente meglio rappresentata da alcune opere grafiche piuttosto che dalle tele esposte.
Nell'ultimo settore della sala, opere di artisti contemporanei non cesenati: Mario Schifano, Luigi Veronesi, Renato Guttuso, Giorgio Morandi, Corrado Cagli, Emilio Greco, Domenico Purificato.

6.1 Convento di San Biagio: la loggia


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